Fare scouting di startup significa avere gli occhi puntati sull’innovazione, e per un’azienda è un passaggio fondamentale per restare competitiva sul mercato. Se vi ricordate cosa ci siamo detti qualche articolo fa a proposito dell’outsourcing, guardare all’esterno per cercare professionalità dinamiche, portatrici di idee disruptive e tecnologie avanzate, è la nuova frontiera dell’innovazione.
Lo scouting di startup s’inserisce esattamente in questo sistema virtuoso come lo strumento con cui realizzare tale scambio osmotico fra interno ed esterno. Dare l’opportunità a business ad alto potenziale di crescita è, infatti, una scelta strategica per ambo le parti. Oltre la definizione, però, si tratta di un processo più strutturato che andremo ad analizzare insieme. Let’s begin!
Prima della fase di scouting di startup, si devono formare
Partendo dalle basi, il primo step che un’azienda si trova a fronteggiare in fase di scouting di startup è scegliere dove cercare talenti esterni, e qui si apre un problema nel problema. Rispetto a quanto vorremmo che fosse, la realtà imprenditoriale italiana, soprattutto per le startup è sì in ripresa ma non equipara nei numeri la situazione estera. Se l’Italia nell’ultimo anno, nonostante la pandemia, ha prodotto più di 12 mila startup di cui il valore del 14% è spendibile nel campo dell’energia sostenibile, altrove le cose sono in level up.
In termini europei, la questione si sintetizza in una produzione altissima di startup rispetto già agli States; di contro, non riescono a sfondare, e solo il 14% di esse possono definirsi unicorni laddove, oltreoceano, i numeri crescono almeno fino al 50%. Per non parlare del grossissimo processo di trasformazione attualmente in atto in Israele, dove le politiche locali investono per portare il paese allo stato di “startup nation”. Qui davvero si è spalancato un occhio sul mondo per reclutare talenti provenienti da tutto il globo in grado di concorrere all’innovazione interna del paese.
Il ventaglio di possibilità italiano, soprattutto dislocato al Sud sarà anche numericamente inferiore, ma non in fatto di qualità. L’ecosistema di startup nostrano è testimone di investimenti possibili anche nel Mezzogiorno, garantiti dalla forza motrice delle reti di impresa, alla cui categoria Rete Mediterranea è fiera di appartenere, soprattutto perché promotrice di investimenti in startup
Come strutturare il processo di scouting di startup
Non solo numeri. Messa a punto la questione ‘dove cercare’, il raggio di azione si assottiglia intorno ai settori specifici di riferimento, ed è qui che comincia il vero processo di scouting di startup. Si delinea così la quadra di quante startup passare in rassegna, e le matrici di analisi riguardano anche il loro potenziale.
In quest’ottica, le grandi aziende saranno maggiormente propense ad affidarsi a startup che hanno almeno passato la fase di ‘second stage’ in quanto più strutturate; dalla loro hanno un business validato e possono cominciare il cammino che gli farà guadagnare una fetta di mercato. Certo, questo tipo di investimento è più sicuro per le aziende committenti, ma non è l’unica linea guida; ci sono dei casi in cui lo scouting di startup accende i riflettori su qualcuna in early stage ma particolarmente appealing. D’altra parte, siamo sempre sul mercato libero, e il rischio d’impresa fa parte del gioco.
Viste, dunque, le matrici che guidano il processo di scouting di startup, un approfondimento serve anche in merito all’allineamento degli obiettivi strategici; se le aziende sono naturalmente orientate al profitto, è chiaro che saranno ben disposte a collaborazioni con partners esterni che possano aumentarlo.
La questione è in realtà molto semplice perché, premesso il restringimento del cerchio attorno a x numero di startup interessanti, si sceglie sempre quella più congeniale alle proprie esigenze, con cui individuare obiettivi comuni. Solo in questo senso si può costruire una collaborazione fruttuosa e duratura. Ma fra il processo di scouting di startup che, abbiamo visto, meglio se scale-up, e le grandi imprese ci sono ancora di mezzo gli acceleratori come fornitori primari, in quanto lavorano con programmi aderenti alle esigenze di sviluppo e innovazione.
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