La settimana lavorativa corta a potrebbe diventare davvero realtà. Si riapre il dibattito sulla produttività e il rilancio dell’economia; facciamo il punto. Il modello lavorativo tradizionale era in discussione già prima della pandemia da Covid- 19; tuttavia, con il lockdown abbiamo dovuto giocoforza farci i conti anche per categoria apparentemente non destinabili di smart working.
Poi qualcosa è cambiato, e anche dopo riaperture graduali ci siamo resi conto che forse il lavoro agile non è poi così male, e gli spazi di coworking stanno assumendo un nuovo ruolo anche per i lavoratori dipendenti. Allo stesso modo, magari la settimana lavorativa corta potrebbe essere una svolta nel mondo del lavoro. Cerchiamo di analizzarne i pro e i contro.
Quali sono i vantaggi della settimana lavorativa corta?
1. Produttività
Settimana lavorativa corta significa lavorare 4 giorni su 7 dal lunedì al giovedì full time a parità di stipendio. Cedere anche il venerdì al tanto agognato fine settimana potrebbe essere davvero vantaggioso per lavoratori e datori di lavoro? A quanto pare sì. In primis, è la produttività a salire, stimando che meno ore lavoriamo e maggiore è la qualità del prodotto finale.
A confermare il trend, un colosso come Microsoft l’ha testata nell’agosto del 2019 nella sua sede in Giappone, riducendo la settimana lavorativa ad almeno 2.300 dipendenti di Tokyo, e il risultato è stato sorprendente. I profitti (datati al 2019) sono saliti, infatti, del +39,9% rispetto all’anno precedente (2018). A scendere sono stati, invece, i costi fissi con -23,1% in termini di risparmio energetico. Insomma, una bella vittoria che molto probabilmente si ripeterà.
Dal Giappone all’Islanda il passo è breve. L’esperimento era in realtà già in corso in Islanda dal 2015 e conclusosi nel 2019. Qui però le cose sono state fatte in grande; in governo aveva, infatti, ridotto la settimana di lavoro a più categorie lavorative, coinvolgendo anche dipendenti pubblici, di uffici scolastici, sociali per un totale di 2.500 lavoratori (l’1% della popolazione) solo nella città di Reykjavík. Anche in questo caso, al termine del periodo di test, i risultati sono stati positivi, in quanto è salita la produttività ed è migliorato l’equilibrio fra lavoro e vita privata.
2. Work life balance
Il rapporto fra lavoro e vita privato a volte è difficile, e le politiche di welfare devono garantirne un buon equilibrio. Nei paesi sopracitati il discorso intorno al peso che il lavoro ha sulla vita delle persone, soprattutto in termini quantitativi di ore è molto forte. Risultati positivi come questi circa la settimana lavorativa corta costituirebbero un’ottima soluzione.
E a proposito di rapporto fra lavoro e vita privata, dalla Nuova Zelanda arriva una proposta di settimana lavorativa corta. A suggerirla, la grande società fiduciaria Perpetual Guardian con il suo movimento 4daysweek, a proposito del quale il suo fondatore, Andrew Barnes, si è così espresso: “non si tratta solo di fornire un giorno libero a settimana: si tratta di fornire produttività e soddisfare gli standard del servizio clienti, raggiungere gli obiettivi e gli obiettivi aziendali personali e di squadra”.
Non sono solo parole, perché il test della settimana lavorativa corta ha apportato un aumento di fatturato del 6% e un amento della redditività del 12,5%. D’altra parte, i dipendenti hanno mostrato gradimento circa il modello dei 4 giorni, con almeno il 78% di addicted soprattutto in merito alla gestione della vita privata e della vita lavorativa.
Applicare la settimana lavorativa corta alle PMI italiane è possibile?
Il problema resta in materia di innovazione tecnologica e di investimenti in ricerca e innovazione. La situazione imprenditoriale italiana è pregna di PMI che si trovano a fronteggiare costi altissimi in tech, e che non sempre riescono a permettersi. Ciononostante, la questione degli investimenti non dovrebbe costituire un ostacolo vero e proprio. Si tratta piuttosto di calibrare il rapporto fra produttività e qualità, ma come si ottiene?
Partiamo dal presupposto che non serve lavorare molte ore per essere più produttivi, ma dare valore alle ore effettive di maggiore concentrazione; è un discorso qualitativo e non quantitativo che mette in discussione il modello lavorativo tradizionale, aprendo nuovi orizzonti di pensiero sulla qualità del nostro tempo.
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